Don Juan a Soho: trama improbabile, ma l’obiettivo di far sorridere è raggiunto

 Patrick Marber ha provato a portare Don Giovanni nel 21esimo secolo. Un personaggio che ha conquistato tutti in passato, da Moliere a Mozart. Il Don Giovanni di  Patrick Marber, piuttosto improbabile, è un personaggio irritante, maschilista. Un personaggio dei secoli passati proiettato nel mondo moderno. Impresa non semplice. Ma lo scopo dell’autore non era certamente quello di mettere insieme una commedia che fosse lo specchio della vita dei nostri tempi. O almeno questo immaginiamo. Lo scopo non poteva essere altro che divertire il pubblico, e da questo punto di vista il risultato è stato raggiunto.

Don Juan in Soho, il lavoro attualmente di scena al Bellini, non ha altra pretesa che regalare un paio di ore di spensieratezza. Diciamolo immediatamente: don Juan è un personaggio palesemente falso. Uno che in 20 anni ha avuto almeno 3 rapporti al giorno con donne diverse non è credibile. Ed è inutile spiegarne i motivi. Anche la storia della moglie “vergine”, che lui sposa solo per potersela portare a letto non sta ne’ in cielo ne’ in terra. Per tacere poi del rapporto avuto, durante la festa del matrimonio, con una sorella della mamma della sposa.

Il Don Juan di Patrick Marber sembra essere un personaggio inventato giusto per provocare irritazione. Degli uomini presenti, che per tutta evidenza non possono minimamente essere paragonati ad uno simile. Per le donne perché rappresenta il prototipo dell’uomo irritante. Un uomo così le donne di questo secolo lo digeriscono poco. Sono altre le stravaganze che possono essere ammirate.

Mettiamoci poi che sfrutta un amico, che mente al padre, il ritratto è quello di un vero

delinquente”. Salvo poi riscattarsi nel finale, quando non mente, non chiede scusa, pur sapendo che la cosa gli sarebbe costata la vita.

Nell’insieme però don Juan in Soho, curato da Gabriele Russo è un lavoro godibile. Magari non proprio natalizio, ma sicuramente che si lascia guardare. Gabriele Russo ha puntato poco o nulla sulla scenografia, quasi inesistente. Giusto un divano nella prima scena, e poi basta. Il regista ha puntato moltissimo su una base rotante che ha dato l’impressione di mobilità. Gli attori erano fermi, ma giravano sul palco. Quasi del tutto assenti anche le luci. Una regia coraggiosa, moderna. Che può piacere o meno, ma che non passa inosservata.

Bravi gli attori. Su tutti Daniele Russo nei panni di don Juan. La sua è una presenza costante sul palco, quando non c’è, nei rari momenti in cui capita, si parla però sempre di lui. Irritante, sbruffone, mentitore, uno che ha in mente una sola cosa. Per lui sembra quasi che la conquista importante è sempre la prossima. C’è una scena paradossale in cui mentre riceve le attenzioni di una ragazza, lui ne corteggia un’altra. Scena paradossale, che uno non si immagina neanche in un film porno. Daniele Russo riesce ad essere credibile anche quando è la scena stessa ad essere incredibile.

In conclusione un lavoro ben fatto, come detto. Che riesce nello scopo di divertire il pubblico, anche se la trama lascia a desiderare.

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