Chi era Matteo Messina denaro?

Di Pasquale Gagliardi

Matteo Messina Denaro, noto anche con i soprannomi U siccu e Diabolik nato a Castelvetrano, il 26 aprile 1962 è un mafioso italiano legato a Cosa nostra.

Capo del mandamento di Castelvetrano e rappresentante indiscusso della mafia nella provincia di Trapani, è stato uno dei boss più potenti di tutta Cosa nostra, arrivando a esercitare il proprio potere anche oltre i confini della propria provincia, come in quelle di Agrigento e, addirittura, di Palermo.

Era figlio di Francesco Messina Denaro, fratello di Patrizia Messina Denaro e zio di Francesco Guttadauro. Insieme al padre, Messina Denaro svolgeva l’attività di fattore presso le tenute agricole della famiglia D’Alì Staiti, già proprietari della Banca Sicula di Trapani, all’epoca il più importante istituto bancario privato siciliano, e delle saline di Trapani. Il suo padrino di cresima è Antonino Marotta, “uomo d’onore” ed ex affiliato alla banda di Salvatore Giuliano, coinvolto anche nella misteriosa morte del bandito. Nel 1989 Messina Denaro venne denunciato per associazione mafiosa  perché ritenuto coinvolto nella sanguinosa faida tra i clan Accardo e Ingoglia di Partanna

Nel 1992 Messina Denaro fece parte di un gruppo di fuoco, composto da mafiosi di Brancaccio e della provincia di Trapani, che venne inviato a Roma per compiere appostamenti nei confronti del presentatore televisivo Maurizio Costanzo e per uccidere Giovanni Falcone e il ministro Claudio Martelli, facendo uso di kalashnikov, fucili e revolver, procurati da Messina Denaro stesso; qualche tempo dopo, però, il boss Salvatore Riina fece ritornare il gruppo di fuoco, perché voleva che l’attentato a Falcone fosse eseguito diversamente.Nel luglio 1992 Messina Denaro fu tra gli esecutori materiali dell’omicidio di Vincenzo Milazzo (capo della cosca di Alcamo), che aveva cominciato a mostrarsi insofferente all’autorità di Riina; pochi giorni dopo, Messina Denaro strangolò barbaramente anche la compagna di Milazzo, Antonella Bonomo, che era incinta di tre mesi: i due cadaveri furono poi seppelliti nelle campagne di Castellammare del Golfo. In seguito, Messina Denaro fece anche parte del gruppo di fuoco che compì il fallito attentato al vicequestore Calogero Germanà, a Mazara del Vallo.

Nell’estate 1993, mentre avvenivano gli attentati dinamitardi, Messina Denaro andò in vacanza a Forte dei Marmi insieme ai fratelli Filippo e Giuseppe Graviano e da allora si rese irreperibile, dando inizio alla sua lunga latitanza. Da allora, nei suoi confronti venne emesso un mandato di cattura per associazione mafiosa, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materiale esplosivo, furto e altri reati minori. Fu però con l’operazione Petrov del marzo 1994, scaturita dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Pietro Scavuzzo, che emerse il suo ruolo all’interno di Cosa nostra trapanese e, ancora di più, con l’operazione “Omega”, portata a termine dai carabinieri nel gennaio 1996 con ottanta ordinanze di custodia cautelare sulla base della accuse dei collaboratori di giustizia Antonio Patti, Salvatore Giacalone, Vincenzo Sinacori e Giuseppe Ferro, i quali ricostruirono più di vent’anni di omicidi avvenuti nel trapanese: nel 2000, alla conclusione del maxi-processo “Omega” che scaturì dall’operazione e che si svolse presso l’aula-bunker del carcere di Trapani, Messina Denaro venne condannato in contumacia alla pena dell’ergastolo.

Quando si parla di Messina Denaro, però, non ci si riferisce a un semplice capomafia di Castelvetrano, ma all’ultimo vero vertice di Cosa nostra, terminale dei rapporti tra la mafia siciliana e la ‘ndrangheta calabrese, custode dei segreti delle trattative tra Stato e mafia degli anni Novanta. I suoi contatti criminali arrivano fino al Canada e agli Stati Uniti e presumibilmente anche nel mondo del terrorismo islamico, come rivelato dal pentito Giuseppe Graviano durante il processo ‘Ndrangheta stragista del 2018.

Dopo le stragi del 1993, Messina Denaro ha fatto perdere le sue tracce, anche grazie alla fitta rete di imprenditori di ogni settore, ancora legata alla criminalità organizzata, come riportano  l’associazione contro le mafie Libera e Repubblica. Tra le attività indagate durante la ricerca del latitante, dalla Direzione investigativa antimafia, si trovano infatti i villaggi vacanze della Valtur di Carmelo Patti, i supermercati del marchio Despar di Giuseppe Grigoli, gli impianti eolici di Vito Nicastri e molte altre, dalle sale per slot machine alle sale scommesse.

Per essere arrestato oggi 16 gennaio 2023 dopo 30 lunghi anni di latitanza.

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