La Tempesta al Bellini: lavoro tosto, ma che merita di essere visto
“Nella Tempesta tutti cercano di usurpare, consolidare o innalzare il proprio potere”. La definizione di Alessandro Serra, il regista dell’opera in scena al Bellini, fotografa al meglio il racconto di Shakespeare. Per chi non avesse letto il lavoro del drammaturgo bardo, o non ne avesse mai vista nessuna delle trasposizioni teatrali, ne ricordiamo la trama. Il dramma, ambientato su di un’isola imprecisata del Mediterraneo, racconta la vicenda dell’esiliato Prospero, il vero duca di Milano, che trama per riportare sua figlia Miranda al posto che le spetta, utilizzando illusioni e manipolazioni magiche. Mentre suo fratello Antonio e il suo complice, il re di Napoli Alonso, stanno navigando sul mare di ritorno da Cartagine, il mago invoca una tempesta che rovescia gli incolumi passeggeri sull’isola. Attraverso la magia e con l’aiuto del suo servo Ariel, uno spirito dell’aria, Prospero riesce a rivelare la natura bassa di Antonio, a riscattare il re e a far innamorare e sposare sua figlia con il principe di Napoli, Ferdinando. La narrazione è tutta incentrata sulla figura di Prospero, il quale, con la sua arte, tesse trame con cui costringe gli altri personaggi a muoversi secondo il proprio volere.
Diciamo subito che ci vuole coraggio da parte del regista nel mettere in scena un lavoro come la Tempesta. Negli anni scorsi il lavoro è stato portato in scena da tanti grandi. Un nome su tutti, Eduardo De Filippo. La prima cosa che balza agli occhi è la “sforbiciata” data al testo dallo stesso Serra. Quello di scena al Bellini è un atto unico della durata di 105 minuti. Una scelta intelligente.
La scena è quanto mai scevra. In pratica c’è solo un telo nero che si muove, e le luci che spostano l’attenzione da una parte o dall’altra del palco. Può piacere o non piacere, ma l’idea è originale, e va sottolineato. Ci sta anche che non sempre questo nero che ammanta tutto rende gradevole la scena. Ma, giudizio soggettivo, ovvio, la scena iniziale della tempesta raccontata da Prospero, è resa in modo affascinante. Il movimento del telone nero rende perfettamente, come meglio non si potrebbe, l’idea del mare in tempesta.
Il lavoro, ridotto a 105 minuti, a volte da addirittura la sensazione di essere prolisso. Ci sono alcuni momenti in cui sembra addirittura che gli attori si dilunghino in dialoghi che non sono funzionali al lavoro stesso. Ma anche in questo caso si tratta di un giudizio soggettivo. Nell’insieme un lavoro difficile, senza dubbio. Ma nell’insieme gradevole. Da vedere. Da vedere ovviamente sapendo bene che si tratta di un dramma di Shakespeare, e non di una commedia comica.