Classici Sovversivi – Valeria Parrella al Teatro Nuovo

Classici sovversivi – Valeria Parrella al Teatro Nuovo

Non conosco nulla di più innovativo di un classico della letteratura; non conosco nessuno più sovversivo di un autore di tremila anni fa.
Me lo ricorda Valeria Parrella, scrittrice di successo, autrice di testi teatrali e romanzi che in occasione del Salone del Libro di Torino ha ideato il format “ Classici Sovversivi”, un colloquio spettacolo che per anni ha condotto con successo e interesse all’interno dell’ambita rassegna di settore nel capoluogo piemontese e che nei mesi a cavallo tra i 2023 e 2024 presenta al Teatro Nuovo di Napoli.
Una serata in teatro nel corso della quale affronta e racconta attualità, storie, curiosità di figure storiche e mitologiche immortali che – anche dopo tremila anni – occupano gli scaffali delle librerie, le tavole dei palcoscenici e la nostra attenzione.
E’ Valeria ad indicare ai suoi lettori/ascoltatori come mettere in sequenza mescolata tante domande riguardo gli argomenti prescelti, prima fra tutte perché – a distanza di secoli – ancora oggi si leggono, si scrivono, si rappresentano storie che appartengono ad epoche molto distanti dalla nostra, senza la pretesa – come l’autrice ribadisce fin dall’inizio della serata – di fornire risposte.
Gli spettatori vengono condotti per mano lungo un sentiero, lo stesso sentiero tracciato da chi – prima di noi – lo ha percorso; perché, in fondo, i classici raccontano la storia universale dell’uomo, la nostra storia, scavalcando epoche, popoli, nazioni e culture.
A noi viene offerta l’occasione di ripercorrere questa strada, con la certezza – sono parole della protagonista – che funziona e che conduce in luoghi sicuri, senza smarrire chi decide di intraprenderne il tracciato.
Il terzo incontro è dedicato a Tiresia, il veggente cieco, colui che aveva vissuto sia da uomo che da donna (il primo transessuale della storia) e che, per intervenire in una disquisizione tra Zeus ed Atena, viene privato – dalla Dea – del dono della vista. Il padre degli Dei, per gratificare – in parte – la punizione, concede all’indovino di vivere per sette generazioni.
L‘autrice, per agevolare il pubblico in sala, presenta se stessa in modalità “Wiki Valeria” (ci fa sorridere il termine ma il senso è chiaro e l’effetto del suo intento risulta tangibile), e seleziona una serie di fonti dai cui testi è lei stessa a staccare elementi che, cuciti con pazienza e competenza, riuniscono le varie rappresentazioni di Tiresia, a partire dalla più antica:l’Odissea, XI canto. E’ proprio Tiresia, richiamato da Odisseo dal Regno dell’Ade, a rivelare all’eroe acheo l’avventura che lo attende in terra di Troia e le mille e note peripezie che dovrà affrontare nel suo tentativo di tornare a Itaca.
Valeria propone parole di Eliot, Ovidio, Sofocle, Emilia Di Rocco, Primo Levi, Camilleri. Cita i Genesis. Racconta del Consultorio dell’Annunziata, a Napoli, dove si estende l’accoglienza e l’ascolto anche a transessuali, ricordando l’immane fatica per ritrovare la loro identità. Si lascia aiutare in questo passaggio dal libro appena uscito di Michela Murgia, al cui nome Valeria cede il passo alla commozione, mascherando il luccichio dei suoi occhi dietro un sorriso mescolato all’applauso spontaneo che il pubblico in sala decide di tributare alla donna – scrittrice – che di recente ci ha lasciato.
La scena è essenziale: un tavolino, una brocca d’acqua e un bicchiere; una sedia; un leggio: i libri. La fonte. Le fonti.
Il tono della voce della protagonista è pacato, familiare, autoritario.
Trasuda padronanza e conoscenza; alterna storie appartenenti alla mitologia classica a paragrafi tratti da testi contemporanei sia di autori nostrani che stranieri, di poeti: perché, introducendo versi di Eliot è lei stessa ad affermare che “nessuno vede meglio di un poeta”.
Valeria, con sorrisi, concetti, continui richiami; con un ritmo costante e agevole per tutti gli ascoltatori lega – con entusiasmo contagiante – le voci dei vari autori coinvolti in un gioco di squadra, attraverso il quale ci racconta più facce possibile del personaggio Tiresia a cavallo dei secoli, e con la sua voce legge le pagine di cui ci ha anticipato il senso.
La commozione diventa coinvolgente quando viene circondata dal silenzio e dal gelo della parola “Gaza”.
Non c’è argomento, nelle nostre giornate, che non meriti l’attenzione della strage di cui di continuo ne apprendiamo la storia e i recenti orrori. La protagonista non esita a entrare in questo luogo distante, nel miasma di questo campo di concentramento confinante con i nostri confortevoli appartamenti, evidenziando che dell’Olocausto ne abbiamo conosciuto i contorni solo dopo la sua drammatica evoluzione e scoperta. Il dramma in terra di Palestina lo viviamo in una drammatica diretta; è il deja vu consapevole della storia che si ripete e che qualcuno vuole si ripeta, pur conoscendone il prima e il dopo. Si ferma qualche secondo, perché la commozione si trasforma in lacrima, di quelle che sciolgono la matita del contorno occhi.
Possiamo anche noi riconoscerci novelli indovini perché abbiamo visto cosa è stato e siamo in grado di vedere cosa sarà.
Come Valeria Parrella conclude … “siamo tutti Tiresia e se non vediamo è solo perché scegliamo di chiudere gli occhi”.
La rassegna prosegue ancora con altri appuntamenti, con altri racconti, con altre storie.
Con gli stessi drammi.

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