Funziona l’asse PD – M5S, ma i grillini sono in caduta libera

I risultati di Bologna e Napoli, con le vittorie al primo turno della coalizione di centrosinistra alleata al M5s, danno una spinta al progetto di Enrico Letta e di Giuseppe Conte, che intendono costruire un patto per il 2023, quando gli sfidanti saranno Giorgia Meloni e Matteo Salvini. “Si vince allargando la coalizioni” anche perché “senza Berlusconi federatore, il centrodestra è battibile, non c’è”, ha detto Letta. Ma dal voto nei Comuni, i rapporti di forza a sinistra escono invertiti. Se in Parlamento – espressione delle politiche del 2018 – la squadra più forte è quella dei Cinque Stelle, il voto a Torino e a Milano ha dimostrato che, ora come ora, l’apporto del Movimento non è fondamentale, visto che la forza di Conte ha corso da sola senza impedire al centrosinistra di andare al ballottaggio nel capoluogo piemontese e di vincere al primo turno in quello lombardo. Anzi, i Cinque stelle hanno subito una battuta d’arresto. Basti pensare che la sindaca di Roma, Virginia Raggi, ha preso il 20% e non andrà al ballottaggio e che a Torino, città guidata finora dalla pentastellata Chiara Appendino, la candidata Cinque Stelle, Valentina Sganga, non arriva al 10%. E anche a Napoli Conte pensava di poter contribuire di più. Non è un caso se, subito dopo il voto, Enrico Letta e i vertici del Pd hanno sottolineato la forza del centrosinistra, il ruolo del Pd come perno di una coalizione da allargare il più possibile, ma senza pronunciare chiaramente il nome del M5s. Mentre Conte ha sottolineato “la prospettiva politica seria di lavorare assieme alle forze progressiste, Pd ma anche le altre forze”. Il leader del Movimento non ha però potuto usare toni trionfalistici: “Questo è il tempo della semina. I risultati confermano l’enorme potenzialità del nuovo corso”. Insomma: faremo meglio in futuro. Il Pd può festeggiare per Letta che ha vinto le suppletive di Siena, a cui aveva legato la prosecuzione della propria esperienza politica. E per i Comuni che porta a casa: la conquista di Napoli, che era attesa, la conferma di Bologna, che era data per scontata, e quella di Milano, che era nel conto, ma senza la sicurezza del primo turno. “Abbiamo vinto non solo nelle grandi città ma anche a Rimini, Ravenna, Salerno e in molte altre città”, fa i conti il responsabile Organizzazione Francesco Boccia. C’è anche una bella sorpresa: Stefano Lo Russo che a Torino va al secondo turno davanti al candidato di centrodestra, Paolo Damilano. Ora ci sono i ballottaggi che potrebbero portare il centrosinistra al Campidoglio. Lì si misurerà la forza del patto fra il M5s e il Pd. Nessuno chiede e nessuno offre apparentamenti. Ma Conte dà una indicazione precisa: “La nostra proposta non può avere alcuna affinità con le forze politiche di destra. Valuteremo le possibilità di un dialogo”. Se il segretario del Pd viene rafforzato dal voto, per Conte il clima è un po’ diverso. I risultati che non sembrano profilarsi eclatanti per il Movimento come lista lo mettono in difficoltà. E poi sono tornati a farsi sentire sia Beppe Grillo – “Dodici anni fa abbiamo fatto l’impossibile. Ora dobbiamo fare il necessario!” – sia Davide Casaleggio, con un ricordo del padre. Insomma, il clima non sembra quello di una festa fra amici: “Non sono io l’interprete dei post di Grillo”, ha risposto un po’ stizzito il leader M5s a chi gli chiedeva lumi sull’uscita del fondatore. L’uscita in contemporanea di Grillo e di Casaleggio jr viene letta come la rinascita di un possibile nuovo fronte interno. Grillo per la prima volta è tornato a citare Gianroberto – 12 anni fa nasceva il Movimento – ricordando indirettamente chi ne sono stati i fondatori. Anche a chi ha scelto proprio oggi per andarsene, come Matteo Brambilla, già in rotta da tempo, tanto da essersi candidato a Napoli con una lista indipendente.

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