C’è vita, oltre Sanremo

Auditorium di Bagnoli – Porta del Parco in via Diocleziano.
Dopo tanti anni uno spazio restituito alla città, ritagliando un fazzoletto di terra all’interno dell’enorme area della per fortuna dismessa Ilva nel comprensorio di Coroglio, la baia che ha fatto sognare uomini e donne da millenni.
E lo fa ancora oggi. Ancora stasera, mentre è in corso la seconda serata della kermesse musicale più famosa e attesa al mondo.
Siamo al quarto appuntamento della rassegna Base per Altezza – Alla base della musica per l’altezza dell’arte – iniziativa promossa e finanziata dal Comune di Napoli nell’ambito del progetto “Napoli, città della Musica”, rassegna di cinque concerti da Bach a Chet Baker, dalla musica della tradizione a quella contemporanea.
Sala al limite del sold out.
Stasera in scena Erica Piccotti, pluripremiata e giovanissima virtuosa del violoncello, nominata Young Artist of the Year 2020 all’ICMA – International Classic Music Award.
Un concerto da sola, sola col suo strumento, di cui va orgogliosamente fiera: un violoncello del 1692, come lei stessa racconta nell’intervista rilasciata in occasione della nomina: un Ruggeri, affidatole dalla fondazione Micheli. Uno strumento “come le persone. Uno strumento che devi imparare a conoscere e rispettare, da scoprire poco a poco” (parole della Piccotti), e che adesso è tutt’uno con la musicista.
Introducono la serata Rosanna Astengo, direttrice di Audiolive Fm (a Napoli la radio digitale di musica e cultura – Radio Ufficiale del Maggio della Musica) e Stefano Valanzuolo (fine conoscitore e critico musicale di eccellenza), mentre Erica dietro le quinte non smette di accordare lo strumento con il quale si accinge ad eseguire tre delle sei suites per violoncello solo di Johan Sebastian Bach.
Si tratta delle più famose e complicate opere dedicate apposta a uno strumento che è con il celebre compositore ad acquisire prestigio e il rango di strumeno da suites, fino ad allora di pertinenza esclusiva della viola da gamba, secondo il gusto barocco dell’epoca.
Erica è concentrata e leggera fin dal suo ingresso sullo scarno palcoscenico dell’Auditorium che attende solo lei e il suo violoncello. Due proiettori alle sue spalle danno profondità e prospettiva. Solo un riflettore la illumina, ma è sufficiente.
Sono le note che Erica tira fuori dal suo strumento a dare colore e volume alle espressioni a tratti corrucciate, a tratti sorridenti della giovane musicista, concentrata e tesa a non perdere nulla del sapore e della dignità che Bach ha voluto dare al violoncello attraverso la composizione delle sei suites. Dalla prima fila di avverte il suo respiro, le sue apnee (a seconda delle pieghe attraverso le pieghe nelle quali si dipana la musica); si sentono le eleganti dita affusolate e forti volare sul manico, stringere le robuste corde fra tasti e polpastrelli, scorrere veloci ogni rigo del pentagramma che, per la maggior parte, Erica conosce a memoria.
Nemmeno i suoi morbidi e lunghi boccoli che si impigliano ai piroli la disturbano; il loro colore castano mogano è coerente con le striature del legno d’acero delle fasce, in un’armonia elegante – anche estetica – di colori e sfumature. Erica suona ad occhi chiusi, sorride, respira. Il piede sinistro a volte si eleva e picchia dolcemente le tavole del palcoscenico. E’ un tutt’uno con il suo violoncello; un abbraccio senza fiato che dura l’intera esecuzione, come se abbracciasse il suo innamorato: un lungo atto d’amore, esclusivo verso il suo uomo.
Il pubblico la applaude senza risparmio e lei, ancorchè navigata di palcoscenici, per nascondere la sua emozione regala un bis suonando “The song of the bird” di Pau Casals, il musicista che, a inizio Novecento, ha recuperato e riportato alla notorietà le sei suites. Ed è così che Erica Piccotti ci saluta mandando nell’aere l’impalpabile cinguettio di uccelli, secondo l’intenzione del compositore spagnolo, attraverso il tocco morbido e raffinato delle sue dolci mani.
Stefano Valanzuolo aveva ricordato, nella sua introduzione, le parole di Mischa Maisky – uno dei più grandi interpreti di questo strumento: “Se dovessi pensare alla musica come alla mia religione, allora queste sei suites sarebbero la mia Bibbia”.
Le religioni – troppo spesso motivo di violenze e guerre – le lasciamo fuori dall’imponente e stupefacente architettura dell’Auditorium. A noi è bastato salutare le gentili giovanissime hostess in sala e accorgerci – grazie alla rassegna Base per Altezza e ad Erica Piccotti – che c’è vita, oltre Sanremo.
La rassegna presenta il prossimo ed ultimo appuntamento marted’ 27 marzo.

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