La denuncia dell’Osservatore Romano: le suore sfruttate
Segretarie, infermiere, insegnanti ma anche badanti e colf: le religiose sono spesso al servizio di cardinali, diocesi, parroci, scuole e cliniche cattoliche. Ma il loro lavoro in molti casi non è considerato tale. Non ci sono orari, contratti, diritti. La denuncia di una situazione abbastanza diffusa ma tenuta normalmente sotto tono arriva dal mensile dell’Osservatore Romano ‘Donne Chiesa Mondo’. Il numero di ottobre è dedicato alla vita delle suore e il giornale del Papa ha scelto di puntare i fari su questa realtà, dopo aver denunciato in passato anche il fenomeno degli abusi, di autorità e sessuali, che si consumano nei conventi. “Nei rapporti delle suore con i loro datori di lavoro c’è stato un offuscamento di quelli che io chiamo i confini. E’ una questione che dobbiamo affrontare”. A parlare così, nell’intervista al mensile femminile del giornale vaticano, è Maryanne Loughry, suora della Misericordia, docente al Boston College e consulente del Centro dei Gesuiti per i Rifugiati. Per la religiosa serve “la trasparenza e la conoscenza dei propri diritti basata dove possibile su accordi scritti”. L’assenza di orari, con il conseguente super-lavoro, è alla base del ‘burnout’ di molte suore che si dividono tra il lavoro e la vita in convento, dove magari l’aspettano altre incombenze, senza un minuto per il tempo personale. Si verificano poi anche situazioni in cui, in assenza di contratti scritti, “una o più sorelle non lavorano più per la diocesi o per il parroco, e di conseguenza perdono l’alloggio, diventando quasi homeless senza preavviso”. Per suor Loughry “nella Chiesa ci sono molte cose date per assodate: che noi siamo molto generosi, che usciamo dagli schemi se c’è da fare qualcosa di speciale. Non voglio rinunciare a questa caratteristica, ma penso che a volte venga sfruttata”. Tra i motivi per i quali è necessaria maggiore trasparenza, anche nel lavoro delle suore, ci sono “purtroppo gli abusi sessuali, finanziari e fisici: la Chiesa è stata portata di fronte alla responsabilità dei cattivi comportamenti”. In alcuni conventi, infine, si vive “come cento anni fa ma i tempi stanno cambiando”. “Le giovani hanno un nuovo modo di pensare, vedono il mondo anche attraverso i social media, vogliono avere più tempo per la ricreazione. Serve un’apertura mentale – conclude suor Loughry nell’intervista al giornale del Papa – per affrontare questo”.