La mano de Dios spinge l’Argentina sul tetto del mondo. Quante emozioni nella finale più bella di sempre

Una targa nello stadio Atzeca di città del Messico ricorda la storica semifinale Italia-Germania dell’70. Le paperone autorità sportive qatariote avranno solo l’imbarazzo di dove collocarne una in memoria di un’altra pagina epica della storia dei Mondiali. La finale delle finali si è giocata a Doha.  Forse, la finale più emozionate, pazzesca, imprevedibile, cardiopalma, strappalacrime di tutti i tempi. Che incorona l’Argentina campione del mondo per la terza volta, dopo un’interminabile, compulsiva serie non solo di emozioni ma di colpi di scena che ad un giallo di Agatha Christie gli fanno un baffo.

La Albiceleste sembrava averla chiusa con uno spietato 2 a 0, ma poi i Blues con forze fresche in campo, dopo che le prime donne erano state straziate dall’epidemia influenzale non si sa se di origine australiana o cammelliera, si sono rimessi in corsa. Sul doppio vantaggio gli argentini avevano colpevolmente abbassato la guardia. Era già successo con l’Olanda ma a quanto pare le urla e i diktat di Scaloni erano stati male metabolizzati o peggio ancora le sirene d’allarme avevano suonato a vuoto. Poi ai supplementari Messi e C hanno riacceso la luce e proprio la Pulce ha riportato avanti l’Argentina. Ma quando tutto lasciava presagire un 3 a 2 bis di rimonta, alla stregua della Coppa vinta in Messico nel 1986, ecco che i giovani subentrati di Deschamps hanno firmato un clamoroso 3 a 3. Che tanto ha fatto ritornare in mente Italia-Germania dell’70. Poi i rigori con Martinez decisivo. E Diego dal cielo, alla sinistra del barba gli avrà dato la spinta decisiva. La forza di reagire sul 2 a 2 e sul 3 a 3.

Partita incredibile. Non finiremo mai di dirlo. Osvaldo Soriano non avrebbe avuto parole, sarebbe rimasto con le dita incollate sulla macchina da scrivere e la sigaretta a consumarsi nel posacenere. Alla sua stregua sarebbe stato un sogno ascoltare un commento a caldo di Diego Armando Maradona. Ci fosse stato il Pibe sarebbe volato a Doha. Non c’è stato lui ma un maturatissimo Lionel Messi, nel segno del suo maestro, ha preso per mano la loro squadra. El Pibe li ha guidati da lassù.

Essì la mano del dios s’è vista in questa monumentale finale che più di una partita è stato un inno al calcio, alla sua bellezza ma soprattutto all’estrema drammaticità di questo gioco. Diego ha indicato la strada ai suoi pupilli. C’è stato il suo zampino nella rimonta finale a quella francese che ha visto i ragazzi terribili di Deschamps risalire dapprima dallo 0 a 2 nel giro di un paio di minuti. Eppoi pareggiare il gol di Messi nel secondo tempo supplementare. Poi ai rigori c’è voluta la mano de dios. Che ha permesso a Martinez di pararne uno e ha accompagnato con la sua grazia divina-del Pibe- il secondo fuori dallo specchio.

L’Albiceleste è scesa in campo con una rabbia in corpo e una forza emotiva che rimarrà negli annali. Francia assopita, intontita dal virus influenzale in avvio. Mai pervenuta fino alla genialata di Mbappè. Fra corsi e ricorsi storici un balzo a un’altra finale mondiale: Francia ’98. Il Brasile scese in campo sotto choc per il malore di Ronaldo. I transalpini dilagarono. A distanza di 24 anni gli Dei del calcio regalano una beffa all’incontrario. Stavolta è stato il gruppo Deschamps a presentarsi con sintomi che l’hanno inchiodato per parte iniziale alle rispettive zolle d’erba.

La Francia poteva sfruttare la sua supremazia fisica e di centimetri se non fosse stato per il virus dilagato nello spogliatoio.

Sfida Messi-Mbappè. La Coppa l’ha alzata al cielo la Pulce ma forse ai voti il francese in questa travagliatissima finale gli è stato pure superiore. Tre gol per l’argentino, quattro per il super talento suo compagno nel Paris. Poi Messi, che pure ne aveva sbagliati, ha messo a segno il rigore più importante della sua carriera. Alla maniera del suo mentore, El Pibe ad Italia ’90: semifinale contro l’Italia all’allora San Paolo, passettino compassato, finta, portiere spiazzato. Zenga se lo ricorda bene.

Ed è andata così. Come nessuno a un certo punto se lo sarebbe aspettato. Allorchè gli eroi sudamericani parevano perder colpi e fiato sotto gli assalti dei ringalluzziti blues. Ma poi alla fine, lacrime e sudore. L’orgoglio di un popolo ferito l’ha spuntata. La grande rivalsa degli sconfitti nelle ultime due finali disputate (1990 e 2014). L’Argentina tartassata da una pesante crisi economica potrà brindare ad uno dei più bei Natale della sua storia. Come i tanti tifosi napoletani che hanno quei colori nel cuore. Gracias senores.

 

 

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