Un D’Angiò “già visto” al Bracco. Ma il finale è assolutamente da non perdere

Già l’ho visto. Mai titolo risulta essere più calzante per un lavoro teatrale. La sensazione che si prova durante quasi tutto lo spettacolo è di un qualcosa che si è già visto. Battute in parte scontate, in alcuni casi sono stati copiati quasi integralmente da altre commedie. Quando il finto governatore De Luca porge l’ombrello è la riproposizione quasi perfetta della scena di Miseria e Nobiltà, quando il Principe di Casador si rivolge al cameriere che non raccoglie il soprabito che lui gli porge.

Per amor di Dio: il lavoro di D’Angiò ha accontentato tutti i presenti. Chi va a teatro a vedere Lino D’Angiò si aspetta di passare un paio di ore in allegria. Che le battute siano scontate poco importa. D’Angiò per altro si esibisce in una serie di imitazioni che mostrano tutto il suo straordinario talento. La gente ride, ed è questo quello che conta.

Già l’ho visto, l’avranno pensato tutti i presenti. Già l’ho visto, ma a dire il vero nessuno si aspettava nulla di diverso. Storia in sé banale, con alcuni personaggi, in primis la mamma di Marco, un po’ troppo caricati. La cafona che dalla provincia viene a Napoli è un personaggio di altri tempi, fuori luogo soprattutto in una commedia che è ambientata ai giorni nostri. Magari sarebbe andata bene, sarebbe stata più credibile, in una commedia ambientata ad inizio del secolo scorso.

Per tacere del Commissario di Polizia, tifoso del Napoli, col cuore nello zucchero quando canta: “La capolista se ne va”. Oggi la Polizia ha ben altri sistemi investigativi.

Insomma, si ride, anche se il lavoro sembra aver copiato le battute del passato. Ma…

Ma attenzione: all’inizio abbiamo scritto “quasi tutto lo spettacolo”. Perché quello che abbiamo scritto sin qui va benissimo a commento diciamo dell’80%, magari anche qualcosa in più. Il finale è assolutamente originale. Non lo spoileriamo per non togliere la sorpresa.

Diciamo che la parte finale della commedia, tutto sommato la meno divertente, rivaluta il lavoro. Che da copia del passato diventa originale. Questo sì, un qualcosa di cui nessuno potrà mai dire “Già l’ho visto”. Alla fine esci dal teatro soddisfatto. Perché la commedia ha soddisfatto l’esigenza di farti sorridere, sia pure con battute scontate (ma le imitazioni di D’Angiò sono straordinarie). Ed il finale ti lascia anche quella sensazione di novità. Una sensazione piacevole.

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