Passeggiando in un set cinematografico senza saperlo

di Riccardo Brescia

Abito al centro. Vado in ufficio a piedi e, da uomo fortunato quale sono, lavoro in una delle parti più belle della città. Andare a lavoro a piedi non costituisce un peso, anzi è una vantaggiosa prerogativa che permette di osservare quello che accade in città; consente di contare quante biciclette o monopattini sono rimasti in piedi – soldati integerrimi – che hanno resistito alle azioni di balordi nella notte precedente (e quanti ne rimetto in piedi …); posso guardare negli occhi i turisti, ascoltarne le voci, gli accenti, la lingua. Cambio spesso strada anche a costo di allungare il percorso. I palazzi assumono un colore diverso al mattino presto, a seconda delle ore e delle stagioni; cambio spesso bar, a rischio – lo so – di incappare in un caffè pessimo che garbatamente lascio per metà nella tazzina. Ma se questo vuol dire godere di luoghi belli della città, vale la pena assumere un rischio che – per fortuna – è molto poco probabile.

Una delle attività piu coinvolgenti e soprattutto collettive che ho osservato nel corso di questa estate è stato tirare a indovinare quale film o fiction si girava in città. Non c’è strada che non sia stata interessata al parcheggio di ingombranti automezzi di produzioni televisive; a volte per un giorno, a volte per settimane intere; a volte abbiamo visto autoveicoli contenenti materiali tecnici, altre volte camerini, trucco, abiti di scena, camper di attori. Autoveicoli piccoli, medi, giganti; tre ruote e furgoncini per portare materiale fin nei vicoli e negli appartamenti deputati alle scene. Personaggi inquetanti – oversize, tatuaggi da galeotti – seduti anche la notte su sedie di plastica bianca a fare da guardia al prezioso carico dei container; accento laziale (produzioni e truppa di indubbia provenienza capitolina), atteggiamenti da guardaspalle con i quali è sempre meglio non avere a che fare. La nostra intriganza nel sapere chi può permettersi di parcheggiare dove a noi non sarebbe nemmeno pensabile (penso ai mezzi che occupavano non più di un mese fa i marciapiedi prospicienti l’ingresso di Parco Ruffo a Posillipo, proprio durante i giorni in cui Caronte manifestava appieno il suo effetto serra) non ci permette di non farci caso. Passeggiamo – gustando un gelato – lungo il marciapiede, ma non abbiamo il coraggio di chiedere ai suddetti individui quale film si stesse girando. Ci affidiamo alla rete che informa di set in citta de L’amica geniale, Mare Fuori, Bastardi di Pizzofalcone, Commissario Ricciardi, film di  Gabriele Salvadores (ma poi, sarà tutto vero?), e chi più ne ha più ne metta. Ognuno ha diritto a dire la propria accreditanto come meglio può la propria fonte di informazione.

Di tutt’altra rilevanza è quello cui stiamo assistendo in questi giorni.

Tutto è rivelato, presente, chiaro: Paolo Sorrentino sarà in citta per girare un film (ma non stava girando anche un mese prima dinanzi a Parco Ruffo, come ci ha rivelato la rete?). Premio Oscar. E qui le cose cambiano. Ordinanze comunali per cambiare sensi di marcia nei giorni e nelle ore in cui parte del lungomare e via San Carlo saranno luogo di riprese. Nulla è lasciato al caso. Già a partire dalla settimana prima avevo notato la presenza in strada di Vigili Urbani, carri attrezzi, transenne pronte ad essere montate e smontate. Abbiamo visto anticiparsi di molto i camion della produzione: stavolta cambia la società di forniture cinematografiche, cambia la grandezza dei camion, si ampliano gli spazi riservati al parcheggio, si dilungano i tempi. Tutto è preparato con maggior anticipo (metri e metri di nastro biancorosso a delimitare aree che saranno occupate dai mezzi della produzione; molto più spazio pronto ad accogliere i mezzi suddetti; molti più mezzi di Municipale e Carabinieri ad eseguir controlli a campione su autoveicoli locali, attività che sicuramente vuole fare da deterrente a personaggi scomodi per l’ordine pubblico.

Arrivano i giorni segnalati dall’ordinanza comunale.

Dalle prime ore del mattino presto, decine di autobus granturismo parcheggiati per gran parte della lunghezza di Palazzo Fuga a Piazza Carlo III. La luce radente delle prime ore del mattino si incunea attraverso i palazzi e illumina l’immenso Serraglio che mostra appieno la sua maestosa ed elegante mole. Fin dall’interno del bar notiamo le prime auto d’epoca anni ’70; decine e decine di comparse in abiti d’epoca prendono posto sui torpedoni che evidendentemente sono diretti verso il set.

Raggiungo l’ufficio. Durante la pausa caffè … ecco via San Carlo, investita da un bel sole e da una luce chiara e luminosa, diventa una passerella di autoveicoli d’epoca. La città ha indossato il suo abito migliore, consapevole – evidentemente – che il regista nostrano premio Oscar sta raccontando alla sua maniera luoghi, persone, epoche, storie che la riguardano e ha giustamente ritenuto – vezzosa com’è – di mettersi in mostra. E’ Femmina. E’ sempre Lei la più bella: la Città.

Il fascino delle linee di auto d’altri tempi, la loro eleganza e i loro particolari sono seducenti come solo le donne sanno di essere. Non resisto a guardare altrove e la pausa caffè dura decisamente di più di quanto dovrebbe. Sono perdonato. E’ agosto e l’appuntamento è di quelli che non si possono perdere. Gli addetti alla sicurezza del set, dei veicoli e delle attrezzature stavolta vestono in maniera più dignitosa: pantaloni cargo, t-shirt bianche aderenti, fisici da palestra, tatuaggi (unico carattere in comune con gli inquetanti guardiani di cui sopra), taglio di capelli alla moda e auricolare all’orecchio destro. Sono molto gentili nell’invitare a non invadere le aree proibite; rispondono in maniera vaga ma garbata a chi chiede notizie del set, offrendo due o tre informazioni precise, secche, senza andare oltre. Qui la consegna è chiara: cortesia e gentilezza ad ogni costo; è opportuno alimentare la curiosità e l’attesa in vista dell’uscita del film (guai ad esprimersi in maniera non impeccabile nei confronti di potenziali spettatori): l’indice di gradimento ci osserva come un Grande Fratello. Sembra scontato ma in fondo non lo è. Restiamo piacevolmente sorpresi dalla leggerezza con cui ci viene chiesto di non scattare foto al set (anche se poi lo abbiamo fatto di nascosto) e quando siamo stati invitati a uscire dalle aree vietate nelle quali incautamente e involontariamente abbiamo passeggiato, noncuranti del fatto che la strada fosse vuota, in attesa solo del prossimo ciack. Abbiamo riso e chiesto scusa per l’inconveniente; abbiamo ricevuto in risposta sorrisi rassicuranti e ben educati, anche se gli addetti sotto un sole ormai cocente portavano i segni del lavoro che stavano svolgendo già da ore ed ore.

La Città ha vinto. Ancora qualche giorno di pazienza, qualche disagio alla circolazione e poi sentiremo la mancanza dell’adrenalina di chi avrà fatto a gara a riconoscere a distanza questo o quell’attore; di chi avrà scommesso di sapere la verità circa la trama; di chi racconta quello che ha visto manco fosse stato il protagonista della pellicola ancora tutta da girare.

Mancherà l’ordine che abbiamo visto in città e la sensazione di passeggiare nel salotto di casa con vetrata vista mare (beato chi ce l’ha) ma resterà l’emozione di correre al cinema a vedere il film e, ricordando auto, comparse, camion, bodyguard, tatuaggi, radioline, auto con luci blu e tutori dell’ordine per strada ci riempiremo d’orgoglio nel dire a tutti “c’ero anche io” anche se di fatto eravamo solo spettatori curiosi, alcuni dei tanti, nel corso di in una estate diversa dalle precedenti e migliore di quella che verrà.

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