Ferito a morte: una storia senza principio ne’ fine

Soprattutto è una storia, come ha scritto Leonardo Colombati, che non ha principio né fine”.

Questa frase di Roberto Andò a commento del suo “Ferito a morte” fotografa un lavoro complesso, coraggioso. Il punto non è se si tratta di un capolavoro o di una pessima rappresentazione del libro di Raffaele La Capria. Il “non avere principio né fine” a giudizio di chi scrive è il punto di forza del romanzo di La Capria. Ma inevitabilmente finisce con l’essere il punto debole del lavoro teatrale.

E’ un concetto difficile da spiegare, ci provo, con una inevitabile premessa: non avendo letto il romanzo di La Capria nulla conoscevo della trama. Ebbene, per oltre un’ora a mio giudizio c’era solo da rimanere affascinati dal lavoro di Roberto Andò. La prima cosa che balza agli occhi è la scenografia. Bellissima. Bellissimi anche i dialoghi, con attori che si muovevano sulla scena con grande padronanza.

Che fosse questo un lavoro complesso, non per tutti verrebbe da dire, era noto. Ma non si poteva non restare affascinati da quello che si vedeva.

Purtroppo poi è diventato tutto molto complicato da seguire. Mancando una trama era difficile mettere insieme le voci, le storie che si ascoltavano. Dico la verità: ho trovato il lavoro alla fine eccessivamente lungo, 2 ore di una storia senza storia sono tante. Alla fine anche la scenografia bellissima finiva col diventare eccessivamente ripetitiva.

Il tutto, sia ben chiaro, non per colpa degli attori, bravi, sempre presenti a se stessi. Anche la mano del regista si è vista sempre. Una delle scene finali, quella che ricordava i pranzi domenicali, è stata resa viva col movimneto costante sulla scena dei protagonisti, laddove un pranzo in se è statico, tutti fermi al loro posto. Ma anche in questo caso mancava del tutto una trama. Tanti racconti, uno distinto dall’altro. Ed anche in questo caso il tutto decisamente troppo lungo.

Due ore (senza intervallo!) davvero troppi, bastavano 80, 90 minuti. Dire che si tratta di una brutta rappresentazione sarebbe sbagliato. L’abbiamo detto e lo ribadiamo: si vede la mano del regista, la bravura degli attori. Una scenografia originale. Ma essere stati troppo fedeli al libro alla fine è stato un handicap.

 

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