Le Donne sono mostri, e noi ci attacchiamo al tram

Le Donne sono mostri, e noi ci attacchiamo al Tram

Certe cose accadono per volontà, altre per casualità. A volte le due circostanze si intrecciano e allora assistiamo al succedersi di eventi che, per la loro concomitanza, non possono non far riflettere.

E’ normale – ad esempio – pensare che lo spettacolo “Le donne sono mostri” sia stato previsto nel fine settimana in cui si è celebrata la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Lo spettacolo di Angela Rosa D’Auria mette in scena un testo di Marina Salvetti in cui l’autrice pone alla ribalta quattro donne che, attraverso altrettanti monologhi (a tratti ironici, a tratti drammatici, a tratti divertenti) si raccontano ma soprattutto raccontano come, nella loro storia, l’ambiente nel quale vivono le ha tramutate in mostri.

Il meccanismo di queste metamorfosi è sempre lo stesso. Una donna viene identificata come tale quando resta nel proprio recinto o meglio nel recinto che secoli di patriarcato le ha riservato; appena osa varcare questo confine e quindi invade “l’altro” territorio, quello più ampio, quello storicamente maschile, viene identificata come mostro da sconfiggere, anche se fa di fatto non commette alcuna colpa se non quella di perseguire un proprio talento, utilizzare le opportunità offerte dalla propria posizione sociale, far leva sulla propria intelligenza per successi sociali e lavorativi.

Appena – insomma – si comporta come si comporterebbe qualsiasi maschio nella identica posizione.

E allora si alternano la Strega, la brava e magnetica Valeria Impagliazzo, una volenterosa e ardimentosa insegnante di Burlesque riconosciuta colpevole di fornire alle donne conoscenza e consapevolezza del proprio corpo, al di là delle faccende domestiche e sociali; l’Arpia, una coerente e determinata Sara Giglio, avvocato di talento i cui genitori hanno dato un nome maschile – Nicola – ma che, proprio grazie a questo nome da uomo ottiene il suo riscatto di donna; la Vampira – una pertinente, giovane e credibile Roberta Lista – badante rumena servizievole e forse innamorata del proprio datore di lavoro dei cui reali sentimenti e obiettivi nessuno ritiene di doversene interessare; la brava Roberta Astuti che, con rara efficacia e leggerezza dà corpo e voce alla Sirena, la transgender, ragazza di paese trasferitasi nella metropoli alla quale viene chiesto di giustificare non solo le sue azioni ma la sua essenza.

Ciascuna avventura racconta di donne che pagano care le loro scelte tutt’altro che straordinarie: storie ordinarie, storie di quotidiana routine, storie intimamente legate ai propri sentimenti, alla propria sessualità e alla proprio natura.

Storie che non avrebbero nulla di strano se fossero raccontate o scritte al maschile.

Appare chiaro anche ai semplici appassionati di teatro che ciascuna delle attrici in scena ha eseguito una complicata opera di pulizia sul personaggio, un lavoro che ha inteso eliminare ogni banale luogo comune per permettere loro di immedesimarsi in una partedi cui tutti pretendono di sapere quanto basta a definire la donna cui sono chiamate a interpretare il ruolo.

Questo rende “Le Donne sono mostri” non un lavoro “contro…”, ma un lavoro “di…” e “per..”.

Il risultato è di una inattesa potenza, anche si si ride di gusto.

Ognuna delle donne in scena ha perso, si è vista giudicata e – in men che non si dica – condannata. Ha visto e riconosciuto la sua capacità di generare odio e violenza per il solo fatto di essere; ha però scelto di farsi scudo delle sue stesse ferite, scegliendo per sé la propria nascita, anzi ri-nascita

Uno spettacolo che scorre leggero; monologhi legati da una sottile linea rossa che viene fuori nei momenti salienti; attrici che rivolgono i loro racconti ad un interlocutore del quale non assume alcuna rilevanza di quale sesso fosse, quale età avesse, quale fosse la propria posizione politica.

Uno spettacolo che tra pause e risate, tagli di luci e scenografia ridotta all’osso (una scenografia alla quale però non manca davvero nulla), tra un buio e un applauso mette in scena la tragica cronaca dei nostri giorni, in una non voluta macabra contemporaneità. Ma questo non poteva essere previsto.

Le donne diventano mostri quando invadono il campo maschile e ne superano l’estro o la posizione sociale: esseri ingombranti da eliminare.

Le tavole del Tram sono tavole consumate, scolorite in alcuni suoi punti.

Tutto è nero: quinte, palcoscenico, pareti. Nulla distrae da quello che viene fuori dal boccascena appena aperto il sipario che non c’è. E’ un teatro cucito letteralmente addosso allo spettatore, vuoi per gli ambienti accoglienti e minuti che si susseguono l’uno dentro l’altro; vuoi per i corsi di recitazione e i seminari continuamente proposti dall’attrice e dal drammaturgo che ne hanno voluto e determinato la rinascita e il consolidamento nel panorama teatrale nazionale, Titti Nuzzolese e Mirko DeMartino; vuoi per la semplicità con la quale è possibile – a spettacolo terminato – incontrare regista e attori, complimentarsi, confrontarsi, chiedere un autografo o un selfie …insomma… vivere il Teatro, dove non contano le dimensioni del boccascena o dei posti a sedere (anche se il Tram da qualche anno ha triplicato la propria capienza) ma la qualità e la libertà di fruizione di una delle espressioni artistiche e culturali più antiche con le quali l’uomo ha imparato ad esprimere la propria natura .

Nel garbo gentile della messinscena, nel valore delle attrici, nella determinazione della regia, e nell’effetto di scenografia e luci “Le Donne sono Mostri” è uno spettacolo che lascia il segno, un segno di quelli che difficilmente si cancella.

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