Guanciale convince in “Napoleone, la morte di Dio”: ma non aspettatevi di vedere il Commissario Ricciardi

Cosa dire di “Napoleone, la morte di Dio” di scena fino a domenica al Bellini? Diciamo subito che al sottoscritto il lavoro non è piaciuto, ma questo ovviamente non significa nulla. Al sottoscritto piacciono semmai lavori che ad altri non piacciono per nulla. Ed è sempre interessante andare a vedere qualsiasi lavoro teatrale, a prescindere da quelli che sono i gusti personali. Per confrontarsi con altro genere di lavori, semmai trovando qualcosa di interessante laddove in partenza si era connvinti del contrario.
Perché a me non è piaciuto? Semplice: alla fine non ho capito quasi nulla. Un monologo di un’ora, in cui l’unico protagonista parlante, per altro senza nome, ricordava la morte di Napoleone. Mescolando il padre della Francia, con suo padre, confondendo il dolore provato per la morte del genitore con quello che provava in quel momento. Per altro stiamo parlando non del maggio del 1821, quando morì l’imperatore, ma del dicembre del 1940, quando la salma di Napoleone fu traslata da Sant’Elena al monumento degli Invalidi a Parigi.
Nelle note di presentazione del lavoro il regista Davide Sacco, che è anche l’autore dei testi, ha spiegato di come sia stato colpito dal testo originale di Victor Hugo. Magari la differenza sta nel fatto che un conto è leggere qualcosa, altro è guardarlo a teatro: nel primo caso hai il via libera all’immaginazione, nel secondo molto meno è lasciato alla fantasia.
E’ chiaro poi che ci sono stati anche aspetti positivi. Ad esempio la recitazione di Lino Guanciale. Abituati comme siamo a vederlo in TV è difficile vederlo calato in un ruolo drammatico come questo. Per di più è l’unico a parlare per l’intera durata dello spettacolo. La sua recitazione è stata molto convincente. Magari qualcuno che era andato a vedere questo lavoro per vedere all’opera il protagonista di tante fiction si aspettava altro. Ma lui è stato perfetto, dimostrando la capacità di coprire ruoli differenti.
Per il resto nulla da dire. Un consiglio per chi è pronto ad andare al Bellini: andateci,ne vale la pena a prescindere. Ma sapendo bene che si tratta di un lavoro “duro”, se vogliamo “pesante”. Nulla a che vedere col Commissario Ricciardi, per dirne una.

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